I confini sono immaginari. Le persone di carne ed ossa
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Per la cronaca: sono una donna turca che ha girato il mondo (nel senso letterale dell'espressione) tre volte e che ha visitato oltre 110 paesi aderenti alle Nazioni Unite usando il suo passaporto turco. Dico questo solo per far capire a chi legge da dove vengo. Non nel senso del paese in cui sono nata, ma per chiarire che esperienze ho avuto avendo a che fare con i visti necessari per viaggiare in questi paesi. Ho accumulato la mia quota di umiliazioni e concluso che sia una negazione della dignità di un essere umano il chiedere così tante informazioni per potersi muovere nel mondo in cui tutti siamo nati, soltanto a causa del posto in cui io sono nata. Come un animale da circo ho, dovuto superare interminabili prove ad ostacoli; come una cavia, ho dovuto percorrere labirinti insnesati. Ora che ho una doppia cittadinanza, grazie al mio marimonio con un italiano, non ho più bisogno di affrontare queste forche caudine, essendo 'coperta' in buona parte del mondo. Ma in quello che segue, il punto non sono io: c'è bisogno che tutto questo cambi per ogni essere umano! ***
Nessuno degli argomenti di cui parlo vive di vita propria, come in un uno spazio sottovuoto. Paesi, nazioni, confini, passaporti, visti, cittadinanza, sicurezza e controlli, insieme ai soldi, sono tutti argomenti correlati, intrecciati tra di loro. Ho cominciato a scrivere di queste cose molto prima che la crisi degli immigrati esplodesse. La sua evoluzione recente mi ha portata a sviluppare ulteriormente le mie idee. Che non sono cambiate, ma hanno assunto una nuova dimensione. Leggendo articoli, dibattiti e commenti sul fenomeno dell'immigrazione ho aggiunto poco a poco altri argomenti alla mia tesi. Per me il cuore della questione non è cambiato. Pouttosto, ho notato una cosa. Qualcosa che la maggior parte delle persone sottovaluta o che non riesce a farsi largo nel dibattito sull'immigrazione. Tutti sembrano pensare che il tema dei visti e del “sì o no” alle frontiere aperte riguardi soltanto chi voglia entrare negli Stati Uniti o in Europa. Qualcuno pensa che il mondo finisca lì. Come se non ci fossero altri movimenti verso altre direzioni. Alex Andreou, un giornalista grco che vive in Inghilterra, cita spesso una barzelletta che ha sentito raccontare:
“Non capisco tutto questo chiasso sull'immigrazione... cioé... Tutti i miei vicini sono inglesi, a scuola tutti i bambini parlano inglese, tutti i negozi sono gestiti da inglesi... Adoro la Spagna!”
E' una barzelletta ma che contiene molta verità: così come ci sono quartieri cinesi o “little Italy”, in giro per il modo ci sono posti che somigliano a villaggi tedeschi o inglesi. Molte persone viaggiano per ragioni di lavoro o per piacere o semplicemente scelgono di andare in pensione all'estero. (Per questo su Internet si trovano così tanti link quando si cerca “il posto migliore per ritirarsi dal lavoro”). Ma naturalmente tutti questi non sono emigranti. Persino il termine che usano per qualificarsi è diverso: loro sono “espatriati”. Gli emigranti sono i poveri,.
Non capisco come tanta gente, istruita e di buoni sentimenti, non veda l'insensatezza di categorizzare, ammucchiare insieme altre persone sulla base del luogo geografico in cui è capitato loro di dover nascere. Nel lontano 2001, alla vigilia della mia partenza per la Tanzania, sapevo che noi (turchi) non avevamo bisogno del visto. Poi scoprii che da poco le cose erano cambiate, a causa del presunto coinvolgimento di un cittadino turco in un attentato ad un'ambasciata (quella americana di Daar-El-Salam). E così... Qualcuno ha fatto qualcosa di male e milioni di altre persone devono pagarne il prezzo. Sospettiamo tutti quelli che sono nati all'interno delle stesse linee immaginarie in cui è nato quell'uomo. “Dal baimbo nella culla alla vecchia signora ottantenne, tutti quelli che sono nati tra quelle linee immaginarie da oggi sono dei sospetti!” recita il decreto reale. Ma certo, è ovvio. Sembra così logico anche a me! (Nota: il commento è evidentemente sarcastico. Nel caso qualcuno pensi che io sia davvero daccordo.)
I visti sono armi politiche che i governo possono puntare quando vogliono e contro chi vogliono a seconda della propria agenda. (L'esempio più recente è l'introduzione dei visti a carico dei cittadini turchi che vogliono recarsi in Russia.) I visti non sono un deterrente per i criminali, come qualcuno ritiene. I criminali hanno più di un modo per evitarli. Qualunque procedura di rilascio di un visto impone a chi ne fa richiesta di avere un biglietto aereo (o equivalente) di ritorno e una prenotazione alberghiera. Ma tutto questo non è altro che un inutule fardello di carte e burocrazia, sia per il richiedente sia per l'amministrazione. Se qualcuno ha veramente intenzione di restare in un paese, gli basta pagare anche per il biglietto di ritorno e non usarlo. Semplice. Non è un caso se la maggior parte dell'immigrazione “illegale” avviene in questo modo, con persone che entrano legalmente in un paese e rimangono oltre il termine del loro visto. E a proposito di ciò che è illegale... vorrei che tutti avessero bene in mente che la definizione di illegalitù cambia nel tempo. Le leggi umane non sono come le leggi di natura. Non sono scolpite nella pietra o dettate da un'autorità superiore all'uomo. Ci sono molte cose che un tempo erano definite illegali e che oggi non riterremmo accettabili come tali. E possiamo stare certi che le generazioni future guarderebbero con orrore a molte cose che oggi definiamo legali. Io credo che i visti - che impediscono ad esseri umani di muoversi liberamente attraverso delle linee immaginarie - sarebbero una tra queste.
I sostenitori dell'apertura delle frontiere lo fanno per motivi economici (“I migranti aiutano l'economia”), religiosi (“Cosa direbbe Gesù?”), compassionevoli (per massimizzare il welfare dei poveri) oppure utilitaristici (produce benefici per un numero di persone più ampio), o altro ancora. Da parte mia aggiungerei “perché è una cosa logica da fare”. Come dimostra l'esempio di Spagna e Marocco. Hein de Haas, ricercatore sul tema delle migrazioni e professore di sociologia, ha evidenziato come un tempo, quando non era loro richiesto il visto, i cittadini marocchini che entravano in Spagna come lavoratori stagionali facevano regolarmente ritorno al proprio paese. Dopo tutto casa è casa. Ma dopo l'introduzione del regime dei visti Schengen, chi entrava tendeva a restare anziché tornare indietro.
Tutti questi argomenti hanno un loro perché... Tuttavia, molte persone dubitano della loro validità ed esistono anche delle tesi contrarie. E dunque... Qual'è il nodo della questione? Qual'è la vera, indiscutibile ragione per rimuovere il bisogno dei visti e lasciare le persone percorrere liberamente il mondo in cui sono nate? Esiste una tale ragione? Sì, esiste. E' l'ingiustizia nel discriminare gli esseri umani sulla base delle inee immaginarie all'interno delle quali sono nate. Linee che sono state tracciate letteralmente dal sangue delle guerre o, metaforicamente, da politiche non meno sanguinarie.
Capisco perfettamente che un enorme afflusso di persone con abitudini diverse e una diversa concezione della vita, fa emergere problemi altrettanto enormi nei paesi di destinazione. E sono d'accordo che questi problemi debbano essere affrontati e risolti in modo politico. Tuttavia, noi, come membri della razza umana, dobbiamo superare l'accettazione oggi planetaria di questa sfacciata discriminazione delle persone sulla base del luogo in cui sono nate.
I costi per i controlli di frontiera sono elevatissimi. Costi umani dal lato dei migranti, costi monetari dal lato delle persone che cercano di spostarsi e di quanti cercano di impedire quegli spostamenti. Soldi... C'è chi pensa che valga la pena spenderli per bloccare il movimento delle persone. Io non sono d'accordo. Soldi...C'è che pensa che siano solo soldi. Su questo potrei essere d'accordo anche se sono sicura che, se fossero spesi saggiamente, il mondo sarebbe un posto molto più piacevole in cui vivere. Quanto ai costi umani... Certamente ci sono atrocità peggiori che oggi vengono commesse nel mondo. Non sorprende che qualcuno non si curi più di tanto di quello che accade ai migranti. Ma visti e confini rappresentano le radici vere della gran parte dei conflitti che affliggono il mondo. Nazioni e paesi, nazionalismi... discriminazione delle persone a causa del loro luogo di origine, odio verso gli altri a causa della loro razza, etnìa, religione, guerre dichiarate contro persone intese come gruppi. Tutto questo deve cambiare. Deve! Non accadrà dall'oggi al domani. Per questo un altro seme deve essere piantato nelle menti delle nuove generazioni: per dire che è profondamente ingiusto raggruppare e discriminare degli esseri umani sulla base delle linee immaginarie, letteralmente tracciate con il sangue delle guerre o, metaforicamente, da politiche altrettanto sanguinarie. Chiedo scusa se mi ripeto, ma sono convinta che sia necessario fare di tutto perché certe parole e certe frasi, come un seme, possano attecchire.
C'è qualcuno che rivendica un paese, una terra che gli apparterrebbe. E vede gli altri come degli ospiti. E' tempo di affermare che questo pianeta appartiene a tutti noi e che TUTTI NOI SIAMO OSPITI SU QUESTO PIANETA. La terra non appartiene all'uomo, l'uomo appartiene alla terra. Anche se l'ordine mondiale attuale ha l'ha ridotta in questo stato...la terra non è un luogo da dividere in pezzetti chiamati paesi in cui sia proibito l'accesso a persone che non vi siano nate, o ai loro parenti se non a certe condizioni. La terra è un luogo unico, su cui vivere e spostarsi per il tempo che ci è dato di vivere per poi esservi sepolti.